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DIALETTICI E ANTIDIALETTICI

Bernardo          Abelardo

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A partire dalla seconda metà del secolo XI la cultura cessa progressivamente di essere patrimonio unico e incontestato delle abbazie per essere invece organizzata, nel XIII secolo, principalmente nelle istituzioni universitarie. Nel corso di questo lungo periodo, prima vera età della scolastica e di separazione tra il clero ed il laicato, si giunge alla consapevolezza ed individuazione chiara di un problema che diviene, in questo arco di tempo, fondamentale: intendere e giustificare le credenze della fede. Sono due le possibili spiegazioni date in risposta a questa problematica e conseguentemente due le correnti di pensiero che si contrastano dando luogo a quella che viene comunemente definita polemica tra dialettici e antidialettici (o teologi). Tra i primi rientrano coloro che ritengono di poter trovare la soluzione del problema affidandosi esclusivamente alla ragione ed in particolare alla scienza ritenuta più propriamente tale: la dialettica. Riprendendo le parole di S. Agostino considerano questa scienza come "la disciplina delle discipline: insegna a insegnare, insegna ad apprendere, e in essa la stessa ragione manifesta che cosa sia, che cosa voglia, che cosa veda." I secondi diffidando della dialettica si appellano alla autorità stessa dei santi e dei profeti, limitando il compito della ricerca filosofica alla sola difesa delle dottrine rivelate. Fra i dialettici spicca in modo determinante la figura di Abelardo, prima grande affermazione medievale del valore umano della ricerca. In lui diviene chiaro il significato, altrimenti incerto e malfermo, della "ratio" medioevale. In questa concezione filosofica la ragione viene infatti considerata come la sola guida possibile per l'uomo; e l'esercizio stesso della ragione, ambito proprio della filosofia, è contemplato come l'attività più alta dell'individuo. Abelardo giunge in una posizione estrema a considerare la ragione addirittura come la scienza cristiana, riuscendo a giocare con la derivazione etimologica da Logos. "Nel principio era il Logos" dice il Vangelo di S.Giovanni e questo, pensava Abelardo, non può che dimostrare la dignità assoluta della Logica. Pertanto, se la fede non è un impegno cieco che può dirigersi anche a pregiudizi e a errori, dev'essere essa stessa necessariamente sottoposta al vaglio del raziocinio umano. L'opera nella quale ha meglio chiarito e messo in pratica questa sua metodologia di ricerca è intitolata" Sic et non". In questo scritto il filosofo fornisce argomenti dialettici (sententiae) contro o a favore (da qui il titolo che suona si e no) di una gran quantità di tesi, spesso senza neppure tentare d'arrivare ad una conclusione, forse per il solo diletto della discussione considerata comunque piacevole ed utile ad affinare gli spiriti. Nella ricerca sviluppata da Abelardo si comprende quindi come la dialettica rappresenti comunque l'unica strada da percorrere verso la conoscenza della Verità. Anche la stessa verità rivelata non è verità per l'uomo se non fa appello alla sua razionalità e quindi se non si lascia intendere . Sarebbe stolto infatti pronunciare parole di cui in realtà non si comprende a pieno il significato. All'autorità dunque bisogna affidarsi solo nel momento estremo in cui la ragione rimane nascosta. Ma è bene ricordare come essa diventi immediatamente inutile e quindi debba essere messa da parte quando la ragione ha modo di accertare da sé la verità.Dinanzi a queste molteplici considerazioni S.Bernardo, nonostante la sua santità, non riesce certo ad essere comprensivo; anzi giunge a formulare, nei confronti di Abelardo, accuse dure e talvolta ingiuste attraverso la stesura di due scritti: "Contra quoedam capitula errorum Abelardi" e "Capitula haeresum Petri Abelardi". S. Bernardo e i seguaci del suo misticismo religioso cercano dunque la verità religiosa non certo nel ragionamento, ma piuttosto, partendo dalla negazione del valore della soggettività, nella contemplazione ed elevazione mistica dell'uomo. Il desiderio di conoscere viene dunque ridotto dagli antidialettici solamente ad "una turpe curiosità."

 

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